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SALUTE

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Il nuovo business è dare le medicine ai sani. E le case farmaceutiche fanno affari d'oro.
E' il markenting del disease mongering: non serve vendere più medicine ai soliti malati, ma basta sensibilizzare la gente a nuovi consumi nel nome della presunta attenzione alla salute. La vicenda rivelata da un'inchiesta di "E", il mensile di Emergency.

Il settore del farmaco scoppia di salute, e il mensile E, edito da Emergency, mette in fila i numeri per scoprire quanto vale "il business dei sani", come titola la copertina del numero in edicola. Un business da primato che nemmeno la crisi planetaria ha scalfito. "Il giro di affari delle aziende farmaceutiche nel mondo ha superato nel 2010 i 610 miliardi di euro, fatturato a cui quelle italiane contribuiscono con una quota di circa 25 miliardi - spiega l'inchiesta di Roberta Villa -. La spesa media pro capite di ogni italiano per le medicine è di oltre 300 euro l'anno, ma non è tutto qui, perchè il settore dei farmaci concorre per meno del 15% all'intero comparto economico che ruota attorno alla salute.
E questo mercato del benessere, dai confini sempre più sfumati, rappresenta ormai il 10% dei consumi in Europa e il 15 % negli Stati Uniti.

Peccato per le conseguenze collaterali che hanno nomi difficilotti ma spiegazioni assai semplici. Il disease mongering non è un morbo contagioso, ma la prassi di marketing che negli ultimi anni ha consentito al comparto di far volare utili e nuovi brand: come spiega Gianfranco Domenighetti, docente di comunicazione ed economia sanitaria presso l'università della Svizzera Italiana. L'importante non è riuscire a vendere più medicine ai soliti malati, ma sensibilizzare la gente a nuovi consumi nel nome di una presunta attenzione alla salute.

Come? Semplice, basta "gonfiare l'importanza di una malattia o, se occorre, inverntarsela di sana pianta" dice Domenighetti invitando l'utente medio a meditare sull'utilità di screening massivi e campagne di prevenzione sempre più frequenti. Perchè, a dire il vero, le malattie restano più o meno le stesse e "solo il 2, 4 % dei farmaci immessi sul mercato dal 1981 al 2008 rappresenta un vero importante progresso terapeutico, mentre l'80% non sono che copie dell'esistente, a eccezione del prezzo, che di regola è triplicato" conclude l'economista svizzero.

Ma davvero l'industria riesce a condizionare la domanda di farmaci fino al punto di danneggiare il reale interesse del consumatore/paziente? Risponde Silvio Garattini, direttore dell'istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano: "Questa idea di curare i sani è solo l'ultimo atto di una strategia che inizialmente è partita allargando artificialmente la platea dei malati. Non è un caso che i valori-soglia considerati un tempo normali per la glicemia, il colesterolo o la pressione arteriosa, siano stati progressivamente abbassati: per ognuno di questi aggiustamenti è cresciuto a dismisura il numero delle persone cui prescrivere medicinali".

E se la prossima volta che leggerete sul giornale un mega inserto sulla salute dove si parla di doloretti alla schiena, tenete a mente questa battuta rapida ma efficace: "La fibromialgia, per esempio, è una "nuova" malattia che sembra fatta apposta allo scopo di vendere analgesici". Parola di Garattini.

Oltretutto c'è da ragionare sulla relatività del concetto salute e sulla forza dei modelli culturali capaci di espandersi a suon di investimenti miliardari. Gli Stati Uniti si sa, sono la patria dell'extra large e anche in ambito farmaceutico stanno facendo scuola alla vecchia Europa. Negli Usa una persona su quattro prende ogni giorno la pillola per tenere a bada la pressione e i medicinali contro gli stati ansiosi sono ormani alla portata dei bambini di quattro anni.

Donne isteriche? Uomini disoccupati? Adolescenti inquieti? Tutti in fila per la terapia, magari venduta via internet con sconti favolosi, giusto per invogliare il cliente. In Italia, storicamente, la classe medica ha posto un freno all'invadenza del business, ma i tempi magri e l'inesorabile tendenza al supporto fast - meglio buttar giù un antidolorifico al volo piuttosto che impegnare tempo e denaro in cure tradizionali cui la sanità pubblica non può più far fronte - fanno pensare a un futuro ancor più florido per i commercianti del benessere.

"Per questo abbiamo deciso di occuparcene - spiega Maso Notorianni, vicedirettore di E - Noi siamo la testata di Emergency, e tutti si aspettano notizie sull'attività nei vari luoghi del mondo dove opera l'organizzazione. In realtà il mondo è un affare complicato, dove tutto si correla. I soldi, la ricchezza, la democrazia, i diritti umani. Anche in Italia, nella sanità privata o in quella pubblica, c'è chi pensa solo al profitto. Secondo noi la salute è un'altra cosa, il rispetto per l'essere umano è la priorità: in un ospedale sperduto tra la guerra o nella clinica degli orrori a Milano, cambia poco.

(tratto da: Quarta Dimensione di Saras n. 3 2012)

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